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Introduzione

Le iterazioni geometriche

Mandelbrot e i frattali

L'insieme di Mandelbrot

Modelli frattali di oggetti naturali

Strutture frattali naturali

Conclusione     

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Nella premessa si affermava che tramite i frattali è possibile descrivere oggetti naturali irregolari e fenomeni fisici che sembrano dominati dal caso. Vediamo nel dettaglio alcuni di questi casi.

Raffiche di errori

Il primo ad utilizzare un oggetto frattale in campo fisico fu Mandelbrot stesso, ricercatore presso l’IBM che studiava gli errori di trasmissione dei dati tra calcolatori:

“Ogni linea di trasmissione è […] inevitabilmente sottoposta a numerose fluttuazioni spontanee, dette “rumori”. Le fluttuazioni spontanee che ci riguardano si manifestano particolarmente nelle linee dedicate alla trasmissione di dati fra calcolatori, e cioè alla trasmissione di segnali che possono assumere solo due valori: 1 o 0. Anche se l’energia relativa alla trasmissione dell’1 è molto forte, accade di quando in quando che il rumore sia talmente intenso da deformare l’1 in 0, o viceversa. […] L’intervallo tra due errori sarà chiamato “intermissione”. […] Analizziamo dunque gli errori in modo via via più fine. Anzitutto si riscontrano delle ore nel corso delle quali non c’è alcun errore. In base a questo fatto, ogni intervallo di tempo affiancato da due intermissioni della lunghezza di un’ora o più si propone come “raffica di errori”, che verrà considerata “di ordine zero”. Osserviamo poi più attentamente una di queste raffiche. Vi distingueremo diverse intermissioni di 6 minuti o più, che separano delle “raffiche di errori di ordine uno”. Analogamente, ognuna di queste ultime contiene numerose intermissioni di 36 secondi, che separano delle “raffiche di errori di ordine due”, e così via, ogni tappa fondandosi su intermissioni dieci volte più brevi della precedente.”[1]

In una parola, volendo rappresentare graficamente la frequenza delle intermissioni e degli errori, otterremmo un’immagine di questo tipo:

Se si confronta questo schema con le immagini delle pagine precedenti, si vede che il grafico degli errori di trasmissione è simile a quello della polvere di Cantor in cui, ad ogni passaggio, invece di eliminare un terzo di segmento, se ne eliminano quattro noni.

È chiaro che l’insieme di Cantor rappresenta solo una prima approssimazione della frequenza degli errori per due motivi:

- la polvere di Cantor è troppo ordinata, mentre gli errori nelle trasmissioni si presentano in maniera casuale (per risolvere questo problema si “randomizza” la polvere di Cantor, cioè si “modifica a caso” l’ordine delle intermissioni per renderle statisticamente indipendenti le une dalle altre);

- nell’insieme di Cantor è possibile continuare ad ingrandire i dettagli all’infinito, ottenendo sempre riproduzioni dell’immagine di partenza, mentre nel caso degli errori di trasmissione non è possibile ingrandire al di sotto di un valore minimo ε, ad esempio un decimo di secondo, dato che gli errori si riferiscono ad informazioni (0 e 1) che costituiscono unità discrete e che occupano uno spazio preciso di tempo.

Nonostante questi limiti evidenti, l’insieme di Cantor, opportunamente modificato, costituisce una buona approssimazione del fenomeno delle raffiche di errori

      [1] B. Mandelbrot , “Gli oggetti frattali - Forma, caso e dimensione”, pagg. 53-54

La costa infinita della Bretagna

Studiando le coste, Mandelbrot si accorse che esse potevano essere considerate come curve frattali. In particolare, Mandelbrot considerò la costa della Bretagna, ma l'esempio può essere riferito ad ogni tipo di costa naturale:

 “Preso un tratto di costa marittima in una regione accidentata, cercheremo di misurarne l’effettiva lunghezza. È evidente che tale lunghezza è almeno uguale alla distanza in linea retta tra le estremità del nostro tratto di curva; che, se la costa fosse diritta, il problema sarebbe già risolto; infine, che una costa selvaggia è estremamente sinuosa e, di conseguenza, più lunga della summenzionata distanza in linea retta. Se ne può tenere conto in varie maniere; […] ecco un primo metodo: si fa avanzare, lungo la costa un compasso di apertura prescritta η, ogni passo del quale inizia là dove finisce il precedente. Il valore di  η, moltiplicato per il numero di passi, dà una lunghezza approssimativa di L(η). Se si ripete l’operazione, rendendo l’apertura del compasso sempre più piccola, si vede che L(η) tende ad aumentare senza limite.[…] Il principio della procedura sopra descritta consiste, inizialmente, nel sostituire l’oggetto che ci interessa, troppo irregolare, con una curva più maneggevole perché arbitrariamente addolcita o “regolarizzata”. Una regolarizzazione di questo tipo è inevitabile, ma può venire effettuata anche in altri modi: così, si può immaginare che un uomo cammini lungo la costa, facendo in modo di discostarsene, al massimo, della distanza prescritta η […], dopodiché si ricomincia rendendo la distanza massima dell’uomo dalla costa via via più piccola. Successivamente si rimpiazza il nostro uomo con un topo, poi con una mosca, e così via. Ancora una volta, più ci si tiene vicini alla costa, più lunga sarà, inevitabilmente, la distanza percorsa.”[1] In una parola, “la lunghezza finale risulterà talmente grande da potersi […]considerare infinita.”

La risposta corretta alla domanda “Quanto è lunga la costa della Bretagna?” è dunque che “non esiste alcuna vera lunghezza, e la misura della lunghezza dipende dalle dimensioni dello strumento usato per misurare.”[2]

Le approssimazioni tramite cui giungiamo alla lunghezza di una costa possono essere semplificate nel seguente modo: “Supponiamo che un tratto di costa tracciato in maniera semplificata alla scala 1 : 1.000.000 sia semplicemente un triangolo equilatero. Supponiamo che il nuovo dettaglio visibile sulla carta 3 : 1.000.000 corrisponda a sostituire il terzo centrale di ogni lato con un promontorio a forma di triangolo equilatero, così da ottenere infine un’immagine formata da quattro segmenti uguali. Ipotizziamo che il nuovo dettaglio che compare a 9 : 1.000.000 consista nel sostituire ciascuno di questi quattro segmenti con quattro sotto-segmenti della stessa forma, ma più piccoli secondo un rapporto di un terzo, in modo da formare dei sotto-promontori.”[3] Continuando così all’infinito si arriva alla curva detta “fiocco di neve di Von Koch". È chiaro che la curva in questione rappresenta solo una approssimazione di una costa reale, ma certamente costituisce un buon modello di partenza per l’analisi di una costa.

       [1] B.Mandelbrot, “Gli oggetti frattali, forma, caso e dimensione”, pagg. 21-22

       [2] B. Mandelbrot, “Nel mondo dei frattali”, pagg. 46-48

       [3] B. Mandelbrot, “Gli oggetti frattali – Forma, caso e dimensione”, pag. 27

Vedute di continenti immaginari

A partire dal lavoro sulla costa della Bretagna, Mandelbrot elaborò un programma che disegnava su uno schermo di computer delle linee costiere frattali. Quando la dimensione D si avvicina a 2, la costa tende a riempire tutto il piano, mentre se D si avvicina a 1, la costa diventa troppo regolare per rappresentare un valido modello. Quando D si avvicina a 1,3, otteniamo risultati sorprendenti: si ottengono isole e continenti simili alla Groenlandia, all'Africa, alla Nuova Zelanda,...


Con un algoritmo analogo a quello che genera le immagini presentate sopra, Mandelbrot provò a costruire le cosiddette “vedute di continenti immaginari”, determinate in base ad un parametro modificabile a piacimento e che rappresenta la dimensione frattale.


Le figure ottenute erano sono solo abbozzate perché realizzate nel 1980 con computer dotati di una capacità di calcolo notevolmente inferiore a quella attuale.


Attualmente i programmi per realizzare vedute frattali di continenti immaginari sono estremamente più potenti; uno dei più usati è Vistapro, disponibile in versione base su Internet ed usato anche da grafici professionisti per realizzare gli sfondi di alcune scene di film, ad esempio alcuni paesaggi di “Star Wars – Episodio II”. Le immagini sotto sono realizzate con questo programma.




 

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